Pagina:Zola - Il paradiso delle signore - 1936 - Mondadori.pdf/159


il paradiso delle signore

distinguere tra tanta calca: era sempre col Vallagnosc, occupato a mostrargli la Casa, con la faccia raggiante. Il fremito interno soffocava ora ogni suono di fuori; non si sentiva piú né il rumore delle carrozze né lo sbattere degli sportelli; di là dal gran fragore della vendita s’indovinava Parigi immensa, d’una immensità che fornirebbe sempre nuove compratrici. Nell’aria immobile e greve, nella quale il caldo del calorifero intepidiva l’odore delle stoffe, aumentava il frastuono, dalle medesime frasi ripetute cento volte intorno ai banchi, dall’oro che tintinnava sul rame delle casse accerchiate da mille portamonete, dalle ceste a ruote che trascinavano continuamente nei sotterranei spalancati i carichi degli involti. E sotto il polverío veniva a confondersi tutto: non era piú possibile distinguere l’una sezione dall’altra; laggiú la merceria pareva sommersa: piú là, alla biancheria, una striscia di sole, entrando dalla vetrina di Via Nuova di Sant’Agostino, pareva una freccia d’oro sulla neve; qui, ai guanti e alle lane, una siepe di cappelli, di trecce, di chignons, sbarrava il fondo del magazzino. Non si vedevano nemmeno piú i vestiti; solamente le teste erano a galla, variopinte di nastri e di penne: cappelli d’uomo ponevano qua e là macchie nere; mentre le donne, affaticate, tra quel caldo, impallidivano di un pallore trasparente come han le camelie.

Finalmente, grazie ai suoi gomiti vigorosi, l’Hutin fece strada alle signore, precedendole. Ma quand’ebbe salita la scala, Enrichetta non trovò piú il Mouret che aveva ficcato il Vallagnosc nel mezzo della calca per meglio inebriarlo, perché egli stesso era preso dal bisogno fisi-


157