Pagina:Zola - Il paradiso delle signore - 1936 - Mondadori.pdf/15


il paradiso delle signore

giero cordone a sbuffi di foulard color crema. Là, ai due capi, sorgevano, in catasta, le due sete delle quali la casa aveva la proprietà esclusiva, la «Paradiso» e la «Pelle d’oro». Roba simile non s’era vista mai: doveva metter sossopra tutto il commercio delle novità.

— Oh! quella seta lí a cinque franchi e sessanta! — mormorò Dionisia, meravigliata nel vedere la «Paradiso».

Gianni cominciava a seccarsi; fermò uno che passava:

— Scusi, dov’è Via della Michodière?

— La prima a destra.

E allora tutt’e tre tornarono sui passi loro, girando intorno al magazzino. Ma sull’entrare nella via, Dionisia fu di nuovo attratta da una vetrina, dov’erano esposte manifatture per signore. Dal Cornaille, a Valognes, era lei che si occupava specialmente delle manifatture. E non aveva mai vista una cosa simile; dall’ammirazione era come inchiodata sul marciapiede. In fondo, una grande sciarpa di trina di Bruges, d’un prezzo assai alto, s’allargava come un parato d’altar maggiore con due ali spiegate, d’una bianchezza carnicina; gale in punto d’Alençon pendevano giú in ghirlande; e da cima a fondo, quasi un fioccar di neve, trine d’ogni sorta, quelle di Malines, quelle di Valenciennes, le applicazioni di Bruxelles, i merletti di Venezia. A destra e sinistra, si alzavano stoffe in colonne cupe, e facevan parere piú lontano quello sfondo da tabernacolo. E le manifatture erano là, in quella cappella eretta al culto delle grazie muliebri; nel mezzo, una meraviglia, un mantello di velluto con guarnizione di volpe argentata; da parte una cappotta di seta, foderata di vaio;


13