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piú e senza tanta fatica. Ma l’idea di rubare una buona cliente alla nuova venuta, la faceva correre.

— Scusi, tocca a me! — disse Dionisia indignata.

La signora Aurelia la fece scansare con un’occhiata severa, mormorando: — Qui non c’è turno fisso: per vostra regola, comando io; aspettate d’avere imparato, prima di servire le signore che si conoscono.

La giovinetta si fece addietro, ma, sentendo che le lacrime che salivano agli occhi, volle nascondere la commozione, e volse le spalle standosene ai vetri come se guardasse la gente che passava. Ah, dunque le volevano impedire di vendere? Eran tutte d’accordo, dunque, a rubarle le vendite grosse? Si sentiva come stretta e schiacciata fra le tante avidità sguinzagliate, e la coglieva paura dell’avvenire. Cedendo all’amarezza dell’abbandono, con la fronte appoggiata sui vetri freddi, guardava, di faccia, il Vecchio Elbeuf, e pensava che avrebbe fatto meglio a supplicare lo zio di tenerla con sé; chi sa che anch’egli non desiderasse tornare indietro! La sera innanzi le era sembrato commosso sul serio. Ed ora si sentiva sola sola in quella grande casa, dove non c’era nessuno che le volesse bene, e dove si trovava offesa e smarrita. Beppino e Gianni vivevano con degli estranei; e dire che non s’erano fin allora staccati mai dalle sue gonnelle! Si sentiva spezzare il cuore, e due grosse lacrime che ratteneva le facevano ballare dinanzi la via come in una nebbia.

Dietro a lei, in quel mentre, un ronzio di voci.


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