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meridiane. Dietro le stoffe che lo imbandieravano, s’indovinava il magazzino spopolato ma pronto a ricevere gli avventori, col pavimento ben lustro, gli scaffali riboccanti di mercanzie. La gente mattiniera, tutta in faccende, dava pena un’occhiata alle vetrine e passava senza nemmeno rallentare il passo. In Via Nuova di Sant’Agostino e in Piazza Gaillon, dove le carrozze dovevano mettersi in fila, non c’erano alle nove che due legni. Quei del quartiere soltanto, specie i negozianti sbalorditi da una tal di pennacchi e di bandiere, si radunavano a gruppi sotto le porte, sulle cantonate, col naso all’aria, sfogandosi in acri commenti. Li sdegnava principalmente un carrozzino fermo davanti all’ufficio delle spedizioni in Via della Michodière; uno dei quattro che il Mouret aveva cominciato a mandare in giro per Parigi: carrozzini tinti di verde con risalti gialli e rossi, che, inverniciati ben bene, mandavano, sotto i raggi del sole, lampi d’oro e di porpora. Quello ch’era lí, nuovo di zecca, col nome del negozio su tutte le parti, e con sopra un cartellone che annunziava la grande apertura della vendita, se n’andò tirato al trotto da un bel cavallo, subito ch’ebbero finito di caricarlo degli involti avanzati dal giorno prima. E il Baudu che sull’uscio del Vecchio Elbeuf stava a guardare livido livido, vide andar via a passeggiare splendidamente per tutta la città quel nome abborrito del Paradiso delle signore.

Cominciavano intanto ad arrivare dei legni, e si mettevano in fila. Ogni volta che una signora entrava, c’era un movimento tra i garzoni del magazzino, allineati nell’androne, con la livrea d’un verde chiaro nella giacchetta e nei


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