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per lei, che vedeva nelle mani d’un volpone tanto appassionato nei modi e tanto freddo nel cuore. Credé doverla ammonire, e in tono di scherzo mormorò:

— State attenta, piccina mia: vi mangerà, tutte quante siete!

Un lampo di gelosia illuminò a Enrichetta gli occhi belli.

Forse capí che il Mouret s’era servito di lei soltanto per far la conoscenza del barone; e giurò di farlo impazzare, quell’affaccendato che aveva negli amori suoi il fascino d’una canzone gittata ai venti.

— Oh! — rispose affettando di scherzare anch’essa è sempre l’agnello che prima o dopo mangia il lupo.

Il barone, ridendo, la incoraggiò con un cenno del capo. Forse era lei la donna che avrebbe vendicato tutte le altre.

Quando il Mouret, dopo aver novamente espresso al Vallagnosc il desiderio di mostrargli la sua macchina in moto, si fece innanzi per congedarsi, il barone lo fermò nel vano della finestra, in faccia al giardino già nero per le tenebre della notte. Cedeva finalmente alla tentazione: la fede gli era venuta nel vederlo in mezzo a quelle signore.

— Studierò l’affare — disse: — se l’apertura della vendita di lunedí va come dite voi, la cosa è bell’e fatta.

Si strinsero la mano; e il Mouret se n’andò tutto contento; se n’andò perché non gli riesciva desinare in pace se prima non aveva data un’occhiata all’incasso del Paradiso delle signore.


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