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tazza di tè. Fu un affare serio; si misero in quattro a servirlo: ma con la condizione che subito dopo avrebbe risposto.

L’Enrichetta mesceva, la Marty teneva la tazza; la De Boves e la Bourdelais si disputavano l’onore di metterci lo zucchero. Poi, quand’egli ebbe rifiutato di porsi a sedere, e cominciò a sorseggiare il tè, in mezzo a loro, tutte si avvicinarono di piú, stringendolo nel cerchio delle loro sottane. E gli sorridevano con la testa alzata, con gli occhi luccicanti.

— Parlateci un po’ della vostra seta, della «Parigi-Paradiso»: ne son pieni i giornali! — riprese la Marty impaziente.

Oh! rispose — è davvero una cosa straordinaria, una faille a grana grossa, morbida, forte... Vedrete da voi, signore. E non la troverete che li da noi, perché ne abbiamo comprata la proprietà esclusiva.

— Ma davvero! Una seta bella a cinque e sessanta? — esclamò la Bourdelais fuori di sé dalla gioia. Non si crederebbe nemmeno!

Fin da quando n’era cominciata la pubblicità, quella seta prendeva una parte non piccola nella loro vita di tutti i giorni. Ne discorrevano, parlavano già delle compre, tormentate dal desiderio e dal dubbio. E dalla ciarliera curiosità di cui opprimevano il Mouret, traspariva, nelle sfumature diverse dei caratteri, la comune bramosia di spendere.

La Marty, maniaca, che comprava tutto al Paradiso delle signore senza nemmeno scegliere, quel che vien viene; la Guibal che vi passeg giava su e giú per delle ore senza comprar nulla, abbastanza contenta dell’appagarsi la vista; la De Boves, stretta a danari, sempre tormenta-


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