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il paradiso delle signore

re lui, gli si confidava anche piú apertamente, spiegandogli il meccanismo del nuovo commercio delle «novità». Il bandolo di questo commercio era uno solo: il giro continuo e rapido del capitale, che bisognava trasfondere in merci quante più volte in un anno fosse possibile. Quell’anno, per esempio, il suo capitale, ch’era di soli cinquecentomila franchi, aveva fatto il giro quattro volte, ed aveva cosí prodotto per due milioni: una inezia: doveva fruttare dieci volte di piú; perché affermava che era sicuro di fare tra poco tempo in modo che il capitale dovesse in certe sezioni rispendersi e rincassarsi quindici o venti volte.

— Lei capisce, signor barone, che tutto il meccanismo sta lí. E una cosa semplicissima ma bisognava inventarla. Non abbiamo bisogno di molto danaro; il nostro unico sforzo è di far presto a disfarci delle mercanzie comprate, per acquistarne delle altre. Cosí il capitale dà frutto tante volte quante è rinvestito, e noi possiamo contentarci d’un guadagno piccolissimo. Siccome le spese generali raggiungono l’enorme cifra del sedici per cento, e noi non prendiamo sugli oggetti che il venti per cento di guadagno, il frutto è soltanto del quattro. Ma saranno milioni, quando si tratterà d’una grande quantità di roba e la rinnoveremo continuamente... Mi spiego? È una cosa semplicissima.

Il barone tentennò di nuovo il capo. Lui che aveva protette le imprese piú ardite, e ch’era ancora famoso per la sua audacia nei primi tentativi della illuminazione a gas, restava duro e non persuaso.

— Capisco; — rispose — voi vendete a bonissimo prezzo per vendere molto. Ma biso-


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