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(4156-4157) pensieri 83

Ἀλλ᾽ οὐδ᾽ ἐγὼ μέντοι πεσών γε κείσομαι i.e. ἀθυμήσω (Liebel, loc. sup. cit., p. 106, ad fragm. 32). Archiloco medesimo (fragm. 33, p. 107, ap. Stob., serm. CIII) volendo dire uomini sventurati e calamitosi, dice: ῎Ανδρας μελαίνῃ κειμένους ἐπὶ χθονί. Presso Omero (Iliade, σ, 26) Achille, udita la morte di Patroclo, si gitta in terra, e così Priamo per quella di Ettore; ed Ecuba (nell’Ecuba di Sofocle o di Euripide, vv. 486, 496) sta prostesa in terra piangendo le sventure sue e dei suoi, e Sisigambe, madre di Dario, udita la morte di Alessandro, si gittò in terra. Curt., X, 5. Vedi p.4243.  (4157)


*    ῎Αλλ᾽ ἔνι λόγος (ratio docet) καὶ σὺν τούτοις (con tutto questo, ciò non ostante, con questo) παρίστασθαι τῷ φίλῳ καὶ πατρίδι συγκινδυνεύειν. Epictet., Enchirid., c. 39. Κᾂν σὺν τούτοις (e se contuttociò) ἐλθεῖν καθήκῃ, φέρε τὰ γινόμενα. ib., cap. 52 (Bologna, 3 dicembre, festa di San Francesco Saverio, 1825).


*    Roma, la prima e più potente città che sia stata al mondo, è stata anche l’unica destinata e quasi condannata a ubbidire a signori stranieri regolarmente, e non per conquista né per alcuno accidente straordinario. Ciò negli antichi tempi, sotto gl’Imperatori (Traiano, Massimino ec. ec.), e ciò di nuovo ne’ moderni sotto i Papi (moltissimi dei quali furono non italiani), e l’una e l’altra volta ciò passò in costumanza ed ordine fondamentale dello Stato, cioè che il Principe di Roma potesse essere non romano e non italiano. Così la prima città del mondo, e così l’Italia, prima provincia del mondo, pare per una strana contraddizione e capriccio della fortuna essere stata (nel tempo medesimo del maggior fiorire del suo impero, sì del temporale e sì dello spirituale) condannata, a differenza di tutte le altre, ad una legittima e pacifica e non cruenta schiavitù, e quasi conquista. (Bologna, 4 decembre 1825).