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(4142-4143) pensieri 67

perfezione, e che manifesti un’arte infinita, il che è falso, e se ciò è falso, niente d’infinito si dee attribuire all’autore della natura. Vedi p. 4177. Lascio anche stare le innumerabili imperfezioni che si ravvisano, non pur fisicamente, ma metafisicamente, e logicamente parlando, nell’universo.

Del resto, quello che nella struttura ec. del mondo e delle sue parti, per esempio di un animale, a noi pare ammirabile e di estrema difficoltà ad essere immaginato, non fu infatti niente difficile. Le cose  (4143) sono come sono perché cosí debbono essere, stante la natura loro assoluta, o quella delle forze e dei principii (qualunque essi sieno) che le hanno prodotte. Se questa natura fosse stata diversa, se le cose dovessero essere altrimenti, altrimenti sarebbero, né però sarebbero men buone e men bene andrebbero (o vogliamo dir piú cattive e camminerebbero peggio) di quel che fanno ora che sono cosí come noi le veggiamo. Anzi allora questo che noi chiamiamo ordine e che ci pare artifizio mirabile, sarebbe (e, se noi lo potessimo concepire, ci parrebbe) disordine e inartifizio totale ed estremo. Niuno artifizio insomma è nella natura, perché la natura stessa è cagione che le cose vadan bene essendo ordinate in un tal modo piuttosto che in un altro, e questo modo non è necessario assolutamente all’andar bene, ma solo relativamente al tale e non altrimenti essere della natura, la quale, se altrimenti fosse, le cose non andrebbero bene, non potrebbero conservarsi ec., se non con altro modo ec. (Bologna, 8 ottobre 1825).


*    Εὐθὺς per primum. Epictet. Enchirid., cap. V.


*    Κτῆσαι οὖν (para, acquire, compara tibi), φησὶν, ἵνα καὶ ἡμεῖς ἒχωμεν. Epictet., Enchirid., cap. XXXI.


*    Κᾂν σὺν τούτοις ἐλθεῖν καθήκῃ, φέρε τὰ γινόμενα. E se con queste cose, cioè con tutto questo, ti conviene an-