troppo le opinioni: per altro, io son persuaso, e si potrebbe mostrare, che il male v’è di gran lunga piú che il bene. Ora un tal magisterio sarà poi tanto grande? un tal ordine tanto commendevole? Ma il male par male a noi, non è veramente. E il bene, chi ci ha detto che sia bene veramente, e non paia solo a noi? Se noi non possiamo giudicare dei fini, né aver dati sufficienti per conoscere se le cose dell’universo sien veramente buone o cattive, se quel che ci par bene sia bene, se quel che male sia male, perché vorremo noi dire che l’universo sia buono, in grazia di quello che ci par buono; e non piuttosto che sia malo, in vista di quanto ci par malo, ch’è almeno altrettanto? Astenghiamoci dunque dal giudicare, e diciamo che questo è uno universo, che questo è un ordine; ma se buono o cattivo, non lo diciamo. Certo è che per noi, e relativamente a noi, nella piú parte è cattivo; e ciascuno di noi per questo conto l’avria saputo far meglio, avendo la materia, l’onnipotenza in mano. Cattivo è ancora per tutte le altre creature, e generi e specie di creature, che noi conosciamo: perché tutte si distruggono scambievolmente, tutte periscono; e, quel ch’è peggio, tutte deperiscono, tutte patiscono a lor modo. Se di questi mali particolari di tutti, nasca un bene universale, non si sa di chi (o se dal mal essere di tutte le parti risulti il ben essere del tutto; il qual tutto non esiste altrimenti né altrove che nelle parti; poiché la sua esistenza, altrimenti presa, è una pura idea o parola); se vi sia qualche creatura, o ente, o specie di enti, a cui quest’ordine sia perfettamente buono; se esso sia buono assolutamente e per se; e che cosa sia, e si trovi, bontà assoluta e per se; queste sono cose che noi non sappiamo, non possiamo sapere; che niuna di quelle che noi sappiamo, ci rende né pur verisimili, non che ci autorizzi a crederle. Ammiriamo dunque quest’ordine, questo universo: io lo ammiro piú degli altri: lo ammiro per la sua pravità e deformità,