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(4192-4193) pensieri 123

ovvero l’ignoranza di quello che si era creduto conoscere; benché del resto, faute de bien observer ou raisonner, molte di siffatte scoperte negative si abbiano per positive. E che gli antichi, in metafisica e in morale principalmente, ed anche in politica (uno de’ cui piú veri principii è quello di lasciar fare piú che si può, libertà piú che si può), erano o al pari, o piú avanzati di noi, unicamente perché ed in quanto anteriori alle pretese  (4193) scoperte e cognizioni di verità positive, alle quali noi lentamente e a gran fatica siamo venuti e veniamo di continuo rinunziando, e scoprendone, conoscendone la falsità, e persuadendocene, e promulgando tali nuove scoperte e popolarizzandole (Bologna, 1 settembre 1826).


*    Ὅτι δὲ αὐτὸς (ὁ Λουκιανὸς) τῶν μηδὲν ἦν ὅλως δοξαζόντων, καὶ τὸ τῆς βίβλου ἐπίγραμμα δίδωσιν ὑπολαμβάνειν᾽ ἒχει γὰρ ᾧδε. ec. Photius, Biblioth., cod. 128. - Dare a vedere, dare a conoscere, ad intendere ec. Vedi p. 4196, fine.


*    Alla p. 4153. Questo passo di Agatarchide è un nuovo esempio di quello che la critica osserva o deve osservar nella storia, cioè che spessissimo la storia d’una nazione s’è appropriata i fatti, veri o finti, narrati dagli storici di un’altra. Tale è ancor quello di Svetonio, Octav. Caes. Augustus, cap. XCIV. Auctor est Julius Marathus, ante paucos quam (Augustus) nasceretur menses, prodigium Romae factum publice, quo denuntiabatur regem populo romano naturam parturire; senatum exterritum censuisse ne quis illo anno genitus educaretur; eos qui gravidas uxores haberent, quod ad se quisque spem traheret, curasse ne senatusconsultum ad aerarium referretur (que le décret ne passât et ne fût mis dans les archives. La Harpe). Questa istorietta è visibilmente sorella di quella d’Erode e degl’innocenti, qualunque delle due sia l’ainée. Né