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infelice generalmente, quanto è piú forte e viva in lui quella parte che si chiama animo. Che la parte detta corporale sia piú forte, ciò per se medesimo non fa ch’egli sia piú infelice, né accresce il suo amor proprio, se non in quanto il maggiore o minor vigore del corpo è per certe parti e rispetti e in certi modi legato e corrispondente e proporzionato a quello della parte chiamata animo. Ma nel totale e sotto il piú de’ rispetti, tanto è lungi che la maggior forza del corpo sia cagione di maggiore amor proprio e infelicità, che anzi questa e quello sono naturalmente in ragione inversa della forza propriamente corporale, sia abituale sia passeggera. L’amor proprio e quindi l’infelicità sono in proporzione diretta del sentimento della vita. Ora accade, generalmente e naturalmente parlando, che ne’ piú forti di corpo la vita sia bensí maggiore, ma il sentimento della vita minore, e tanto minore quanto maggiore si è e la somma della vita e la forza. Ne’ piú deboli di corpo viceversa. O volendoci esprimere in altro modo, e forse piú chiaramente, ne’ piú forti  (3923) di corpo la vita esterna è maggiore, ma l’interna è minore; e al contrario ne’ piú deboli di corpo. Infatti è cosa osservata che generalmente, naturalmente e in parità di altre circostanze, le nazioni e gl’individui piú deboli di corpo sono piú disposti e meno impediti a pensare, riflettere, ragionare, immaginare, che non sono i piú forti; e un individuo medesimo lo è piú in uno stato e tempo di debolezza corporale o di minor forza, che in istato di forza corporale o di forza maggiore. Gli uomini sensibili, di cuore, di fantasia, insomma di animo mobile, suscettibile, e piú vivo in una parola che gli altri, sono delicati e deboli di complessione, e ciò cosí ordinariamente, che il contrario, cioè molta e straordinaria sensibilità ec. in un corpo forte, sarebbe un fenomeno.1 La vita è il sentimento del-

  1. Vedi p. 3945.