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(3681-3682-3683) pensieri 105

tudine, dal silenzio, dalla monotonia della vita; e la meridionale dalle bellezze e dalla vitalità ed attività della natura; e le opere di quella nascono tra le pareti di una camera scaldata da stufe; le opere di questa nascono, per cosí dire, sotto un cielo azzurro e dorato, in  (3682) campagne verdi e ridenti, in un’aria riscaldata e vivificata dal sole (13 ottobre 1823).


*    Alla p. 3637. Anzi l’amore che noi portiamo al cibo e simili cose che o ci servono o ci dilettano, si potrebbe piuttosto chiamare odio, perocch’esso, mirando solamente al nostro proprio bene, ci porta a distruggere, in vista di esso bene, o a consumare in qualunque modo, e logorare e disfare coll’uso, l’oggetto amato; o ad esser disposti a disfarlo o pregiudicarlo se, e quanto, e come il nostro bene, e l’uso che perciò abbiamo a farne, lo richiedesse. Quale è l’odio che il lupo porta all’agnello, e il falcone alla starna, i quali veramente non odiano né la starna né l’agnello, anzi, secondo che noi sogliamo discorrere dell’altre cose, si dovrebbe dire ch’essi gli amassero. Ma perciocché questo amore li porta a ucciderli e distruggerli per loro proprio bene, perciò noi lo chiamiamo odio e inimicizia (vedi Speroni, Dialogo V, Ven., 1596, p. 87-8). Or tale né piú né meno si è l’amore degli uomini primitivi verso le femmine, se non quanto il piacere ch’essi ne bramano e ricercano non richiede la distruzione di quelle. Ma  (3683) s’e’ la richiedesse, l’amor delle donne porterebbe i primitivi a distruggerle, tanto è lungi ch’e’ ne gli ritenesse. Siccome infatti ei gli porta a non avere riguardo alcuno agl’incomodi e ai danni fisici che molte volte loro recano per soddisfare al desiderio proprio, nel procurarsi il proprio piacere con esse ec., anche potendo far questo senza danneggiarle. Ed accade pure (eziandio fra’ civili) che volendo con esse procurarsi il proprio piacere, o potendo o non potendo a meno, o prevedendolo