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78 pensieri (2919-2920-2921)

(anzi, secondo i grammatici, egli è un atticismo) e fu adoperato  (2920) dagli scrittori piú eleganti, e massime da Platone, primo modello dell’atticismo. Nel Convito, Opp., ed. Astii, Lips., 1819-..., t. III, 1821, p. 460, v.16-17, D. ἐὰν μέν σοι ἐθέλῃ παύεσθαι ἡ λύγξ, se ti vorrà passare il singhiozzo, invece di ἐὰν μέν σοι παύηται ἡ λύγξ. Qui ἐθέλειν ridonda. Vedi lo Scapula in ᾽Εθέλω, e ϴέλω. Corinto περὶ διαλέκτων. ᾽Αττικὸν καὶ τὸ θέλει ἀντὶ τοῦ δύναται ὡς ὁ Πλάτως (nel principio del Fedro), τὰ χωρία οὐδέν μ᾽ ἐθέλει διδάσκειν. Ma non è vero che stia sempre in questo tale idiotismo per potere, come dice anche lo Scapula ne’ due citati luoghi. Per potere sta assolutamente nel Sofista, t. II, 1820, p. 314, v.18-19. D-E. Καὶ μὴν ἓν γέ τι τούτων ἀναγκαῖον, ἢ πάντα ἢ μηδὲν ἢ τὰ μὲν ἐθέλειν, τὰ δὲ μὴ ξυμμίγνυσθαι che altre cose possano mescolarsi insieme, altre no1. Ma nel passo del Convivio, e in quello di Omero presso lo Scapula, ἐJέλειν ridonda, come sovente in italiano volere, nel detto nostro idiotismo, e malissimo si spiegherebbe per potere. In quello del Fedro altresí in sostanza ridonda, perché il luogo vale τὰ χωρία οὐδέν με διδάσκει. Se diremo οὐδέν με δύναται διδάσκει,  (2921) diremo forse altrettanto, ma non lo stesso, e benché diremo il vero, non perciò diremo quel medesimo appunto che dice Socrate. In questo e in altri molti casi simili, tanto nel greco quanto nell’italiano, spiegando il verbo volere per potere, l’espressione riesce vera e giusta, ma non pertanto l’intenzione della frase non era di dir potere. Perché spesso nell’esprimerci noi abbiamo due intenzioni, l’una finale (e questa nel caso nostro sarà ugualmente bene spiegata rendendo volere per potere, che dicendo ch’egli ridonda), l’altra immediata (e questa nel caso nostro non si otterrebbe con dir potere, né si spiegherebbe con questa voce); da ambedue le quali intenzioni è

  1. Vedi anche ivi, p. 318, vers. penult., B: 326, vers. 12, B; 342, vers. 13-14 D; vers. 26, E. Synes. Opp., 1612, p. 43, C.