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390 pensieri (3441-3442-3443)

non si vede  (3442) né che cosa l’abbia prodotto da principio, né che ragion ve ne possa essere, né in che cosa esso sia consistito; e piú si cerca, piú s’esamina, piú s’approfonda, men si trova e si scopre, anzi si perde di vista non pur la causa, ma la qualità stessa del piacer provato, che, volendo rimembrarlo, la memoria si confonde; e insomma, pensando e cercando, sempre piú si diviene incapaci di provar piacere alcuno di quelle odi, e risentirne quell’effetto che se n’è sentito; ed esse sempre piú divengono quasi stoppa e s’inaridiscono e istecchiscono fra le mani che le tastano e palpano per ispecularle. Di qui si raccolga quanto sia possibile il tradurre in qualsiasi lingua Anacreonte (e cosí l’imitarlo appostatamente, e non a caso né per natura, senza cercarlo), quando il traduttore non potrebbe neanche rileggerlo per ben conoscer la qualità dell’effetto ch’egli avesse a produrre colla sua traduzione; e piú che lo rileggesse e considerasse, meno intenderebbe detta qualità e piú la perderebbe di vista; perocché lo studio di Anacreonte è non pure inutile per imitarlo o per meglio  (3443) gustarlo o per ben comprendere e per definire la proprietà dell’effetto e de’ sentimenti ch’esso produce, ma è piuttosto dannoso che utile; né la detta proprietà si può definire altrimenti che chiamandola indefinibile, ed esprimendola nel modo ch’ho fatto io con quella similitudine ec. Né certo alla prima lettura si può essere il traduttore, o l’imitatore, o verun altro, ben avveduto e chiarito e informato del proprio ed intero carattere di Anacreonte; dico chiarito, e compresolo in modo ch’ei possa esattamente e data opera esprimerlo, né pur significarlo distintamente a se stesso, né concepirne e formarne idea chiara e precisa; ché queste qualità della idea sono contraddittorie e incompatibili colla natura di detto effetto e carattere (16 settembre 1823).