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(3328-3329-3330) pensieri 321

cuno adattata né adoperata. Conviene adunque indispensabilmente che l’ingegno da noi supposto, innanzi di porsi a scrivere, perfettamente impari questa lingua infinita, che tutta l’abbracci, che la si converta in succo e sangue, che se ne renda risolutissimo e pienissimo possessore e padrone, che n’abbia per le dita e il tutto e fino alle menome parti franchissima e speditissimamente.  (3329) Come senza ciò potrebb’egli derivarne e farne nascere e pullulare, in guisa che paia del tutto spontanea, una lingua conforme alla natura e a’ bisogni de’ moderni tempi e delle moderne cognizioni, la qual sembri e sia onninamente una coll’antica? come commettere insieme quella con questa per modo che nulla appaia la commissura? Ma questa lingua essendo antica, egli non la può già imparar dalla balia, ma gli conviene apprenderla per istudio; essendo infinita e in se diversissima, egli non la può apparare con istudio né breve né leggero, ma solo con lunghissimi sudori, e profonde ricerche sulle sue proprietà, e continuo esercizio di leggerla e di scriverla, e assiduo ed attentissimo studio de’ suoi classici che sono in grandissimo numero. E cosí facendo, troverà, e sempre piú si persuaderà, che siccome della lingua greca si dice, cosí della italiana si può dire, lei essere veramente infinita, e tale ch’egli è impossibile di tutta abbracciarla, e mai non viene quel giorno che nuove conoscenze intorno a essa lingua non si possano  (3330) acquistare, né che il cammino sia terminato. Ma senza andare agli eccessi; sebbene nulla v’ha qui d’esagerato; senza però voler conservare una troppo grande esattezza nel ragionamento; supponendo ancora com’é il vero, che un grande e felice ingegno possa arrivare a comprender coll’anima e possedere se non tutta quanta la nostra lingua pur tanta parte di lei che la cognizione e la domestichezza d’essa parte gli basti a poter sulle fondamenta, sull’ordine, sul disegno dell’antica