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(3325-3326) | pensieri | 319 |
che dando all’Italia una letteratura moderna propria se le debba dare con essa insieme una lingua affatto nuova, come finora s’é fatto, o pigliandola dagli stranieri, ch’é pur quel che s’é fatto, o creandola di pianta, quasi niuna, o solo una imperfettissima e debole e scarsa e spregevole lingua, avesse avuto l’Italia per lo passato.
Ma certo, come questo è assurdissimo, e siccome per prove veggiamo, dannosissimo; cosí quello è necessario, evidente e certo, che volendo dare alla moderna Italia una moderna letteratura, conviene non già mutare la sua antica lingua, né disfarla, né rinnovarla, ma, salvi i suoi fondamenti, l’indole e proprietà sua e tutti i suoi pregi secondo le loro speciali e proprie qualità, rimodernarla, e fare in modo che la lingua (3326) moderna italiana illustre sia propriamente una continuazione, una derivazione dell’antica, anzi la medesima antica lingua continuata, niente meno che la francese dell’ultima metà del passato secolo, e quella del presente, non sono altra che quella del tempo di Luigi XIV continuata di mano in mano.
Or questo ai francesi fu facile, perché la loro letteratura non fu interrotta per alcun tempo, da Luigi in poi; laonde la loro lingua fu sempre continuata naturalmente e senza sforzo, e sempre successivamente modificandosi secondo i tempi, fu in ciascun tempo moderna, ma una in tutti i tempi considerati insieme. A noi bisogna far forza alle cose, e quasi scancellare e annullare o nascondere il fatto, cioè governarci in modo che quel che fu, apparisca non essere stato, e la lingua italiana sembri non essere stata per alcun tempo interrotta, ma continuamente avanzata e modificata sino a divenir propria e conforme e conveniente all’odierna Italia ed alla sua moderna letteratura.
Quindi si consideri le grandissime difficoltà ed