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318 | pensieri | (3323-3324-3325) |
Tristo veramente e difficile era il caso loro, ma peggio il partito a cui s’appigliarono. Difficile il caso, perocché quanto è facile il continuare a una nazione la sua lingua illustre insieme colla sua letteratura, tanto è difficile, interrotta per lungo spazio la letteratura, e dovendo quasi ricrearla, riannodare la lingua a lei conveniente colla già antiquata lingua illustre della nazione, colla lingua che fu propria della nazionale letteratura prima che questa fusse totalmente interrotta. (3324)
In questo caso non si trovò forse mai nazione veruna (se non se oggidí la spagnuola quando ella intraprendesse di ristorare la sua quasi spenta letteratura). Ma questo appunto è il caso nel quale si trova oggi l’Italia.
Noi abbiamo una lingua; antica bensí, ma ricchissima, vastissima, bellissima, potentissima, insomma colma d’ogni sorta di pregi, perocché abbiamo una letteratura, antica ancor essa, ma vasta, varia, bellissima, abbondantissima di generi e di scrittori, splendidissima di classici, durata per ben tre secoli e piú, tale che rispetto all’età ch’ella aveva, quando fu tralasciata, l’età che hanno presentemente l’altre letterature è affatto giovanile. Per queste cagioni, e per altre che ora non accade specificare, questa lingua italiana che noi ci troviamo, supera di ricchezza, di potenza, di varietà tutte le lingue moderne, salvo forse la tedesca; di bellezza avanza d’assai tutte queste lingue senza eccezione né dubbio alcuno; d’altri pregi è superiore, non solamente a esse lingue, ma alle antiche eziandio. Tale si è (3325) la lingua italiana per se ed intrinsecamente. Ma ella è antica; cosa estrinseca; ed essendo antica non basta, né si adatta, tal quale ella è, a chi vuole scriver cose moderne in maniera moderna. Perciò forse potrà un uomo sano volere o concedere che una tal lingua si gitti e dimentichi come divenuta del tutto inutile, e