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310 | pensieri | (3310-3311-3312) |
pure internamente rallegrato, cioè concepisce quella passione che si chiama veramente gioia? Anzi ella è cosa osservata che oggidí qualunque musica generalmente, anche non di rado le allegre, sogliono ispirare e muovere una malinconia, bensí dolce, ma ben diversa dalla gioia; una malinconia ed una passion d’animo, che piuttosto che versarsi al di fuori ama anzi per lo contrario di rannicchiarsi, concentrarsi, e restringe, per cosí dire, l’animo in se stesso quanto piú può, e tanto piú quanto ella è piú forte, e maggiore l’effetto (3311) della musica; un sentimento che serve anche di consolazione delle proprie sventure, anzi n’é il piú efficace e soave medicamento, ma non in altra guisa le consola, che col promuovere le lagrime, e col persuadere e tirare dolcemente, ma imperiosamente, a piangere i propri mali anche, talvolta, gli uomini i piú indurati sopra se stessi e sopra le lor proprie calamità. Insomma, generalmente parlando, oggidí, fra le nazioni civili, l’effetto della musica è il pianto, o tende al pianto (fors’anche talor di piacere e di letizia, ma interna e simile quasi al dolore): e certo egli è mille volte piuttosto il pianto che il riso, col quale anzi ei non ha mai o quasi mai nulla di simile. Questi effetti della musica su di noi ci paiono sí naturali, sí spontanei ec. ec., che non pochi vorranno e vogliono che sia proprio assolutamente della natura umana l’essere in tal modo affetti dall’armonia e dalla melodia musicale.
Ora, tutto al contrario di quello che avviene costantemente tra noi, sappiamo che (3312) i selvaggi, i barbari, i popoli non avvezzi alla musica o non avvezzi alla nostra, in udirne qualche saggio prorompono in éclats di giubilo, in salti, in grida di gioia, si rompono dalle risa per la grande contentezza, e insomma cadono in un entusiasmo e in un’intera e decisa ebbrietà e furore e smania di pura allegria (29-30 agosto 1823).