Pagina:Zibaldone di pensieri V.djvu/235

228 pensieri (3178-3179)

è piú grossolana e poco degna dell’artista o di qualunque imitatore del bello. Essa è bensí piú comunemente sensibile (perocché quell’altra grazia non tutti, anzi pochi, la sentono), e sempre ch’ella è sentita, fa maggior effetto dell’altra, eziandio negl’intendenti del bello, negli spiriti di buon gusto, e negli animi delicati e sensibili. E ciò perché il contrasto in essa è piú notabile e spiccato, e maggiore la straordinarietà. Ma perciò appunto questo effetto è piú grossolano, e per cosí dire piú materiale e corporeo, laddove quell’altro è piú spirituale e piú delicato, e quindi piú direttamente e giustamente proprio della grazia, l’idea della quale inchiude quella della delicatezza. La grazia derivante da difetto punge e solletica come un sapore acre e piccante, o aspro, o acido, o acerbo, che per se stesso è dispiacevole, e pure in un certo grado piace, e quindi molti spiriti che non hanno mai potuto sentire quell’altra grazia, o che sono di già blasés sul bello, a causa del lungo uso ed assuefazione, sono  (3179) mossi e allettati da quella grazia, per dir cosí, difettosi, come i palati o ruvidi e duri per natura, o stanchi de’ cibi piacevoli per la lunga assuefazione, sono dilettati e solleticati da quei sapori. Laddove l’altra suddetta grazia è quasi un soave e delicatissimo odore di gelsomino o di rosa, che nulla ha di acuto né di mordente, o quasi uno spiro di vento che vi reca una fragranza improvvisa, la quale sparisce appena avete avuto il tempo di sentirla, e vi lascia con desiderio, ma vano, di tornarla a sentire, e lungamente, e saziarvene (16 agosto, dí di San Rocco. 1823).


*    È cosa indubitata che la civiltà ha introdotto nel genere umano mille spezie di morbi che prima di lei non si conoscevano, né senza lei sarebbero state; e niuna, che si sappia, n’ha sbandito, o seppur qualcuna, cosí poche, e poco acerbe e poco micidiali, che