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(3152-3153-3154) pensieri 213

influiscono sulla volontà, e sono inefficaci, e queste possono però, ed anche grandemente, servire alla poesia.


    Da questa digressione, non aliena, cred’io, dal proposito, tornando in via, ci resta a considerare come sia strano e quasi assurdo che Omero in tempi feroci abbia tanto fatto giuocare la compassione nel suo poema, n’abbia fatto un interesse principale e finale, abbia seguito e ottenuto il suo intento in modo che, anche oggidí, mancato l’altro interesse all’Iliade, non si può forse tuttavia legger cosa che  (3153) tanto interessi, non avesse riguardo di far cadere ed esagerare la compassione quasi unicamente sopra i nemici de’ greci suoi compatriotti, a’ quali scriveva, i quali non istimavano gran fatto la generosità verso il nemico, anzi apprezzavano la qualità opposta; e che i poeti moderni abbiano fatto ed espressamente esclusa la compassione dal grado d’interesse finale, abbiano per lo piú evitato di farne cader piú che tanta sopra i nemici della parte e dell’Eroe da lor presi a lodare (la compassione per Clorinda nella Gerusalemme non dava scrupolo al Tasso, perch’ei la fa morir convertita, e nel medesimo canto la scuopre per cristiana di genitori e di nazione; sí ch’ella cade in ultimo, secondo l’intenzione finale del poeta, sopra una cristiana) ec. ec. In verità egli sarebbe stato credibile, e certo egli avrebbe dovuto accadere, tutto l’opposto.

1o, Quella raffinatezza dell’amor proprio e della facoltà di sentire, la quale è necessaria perché la compassione trovi luogo nell’animo umano,  (3154) la produce, e seco il piacere ch’altri ne gusta non fu in alcun modo propria de’ tempi d’Omero, e proprissima di quelli di Virgilio e de’ moderni, perocch’ella nasce dalla civiltà. Parlo qui della compassione inefficace, qual è quella che si prova leggendo un poema, e che spesso e facilmente ha luogo negli animi civili,