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(3105-3106) | pensieri | 187 |
nazione e un Eroe della medesima, e ciò in una guerra contro i barbari? Il che tra gli antichi sarebbe stato tanto piú assurdo che tra i moderni, quando anche le lodi e l’interesse del poema fossero stati tutti per li greci, e quando anche, fingendoli sventurati, Omero avesse mosso le lagrime e i singhiozzi sopra le loro sciagure, sarebbe tuttavia riuscito assurdo di maniera, che sarebbe eziandio stato pericoloso al poeta. Frinico ateniese, gran tempo dopo Omero, fece suggetto di una tragedia la presa di Mileto fatta da Dario, e mosse gli uditori a pietà sopra quella sciagura dei greci per modo, che, secondo l’espressione di Longino (sect. 24) tutto il teatro si sciolse in lagrime. Gli Ateniesi lo multarono in mille dramme (Plutarco, Politic. praecept., Strabo , l. XIV, Schol. Aristoph., vesp.), perch’egli avea rinfrescato la memoria delle domestiche calamità e ripostele sotto gli occhi rappresentandole al vivo, (Herodot., l. VI, c. 21); (3106) di piú vietarono con decreto che quella tragedia fosse piú recata sulle scene (Tzetze, Chil., VIII (alibi reperio 7.), hist., 156): anzi, secondo Eliano (Var., l. XIII, c. 17), lagrimando, lo cacciarono dal teatro esso stesso che stava rappresentando la sua propria tragedia (vedi Fabricius, Bibliotheca Graeca, in Catal. Tragicorum; Meurs., Bibl. Att.; Bentley, Diss. ad Ep. Phalar, p. 256. Vedi p. 4078).
Adunque per tutte queste cagioni doveva nell’Eroe di Omero e nella nazione da lui celebrata concorrere colla virtú la fortuna. Ed ecco l’uno degl’interessi che campeggiano nell’Iliade senza interruzione per tutto il corpo del poema: interesse il quale consiste nell’ammirazione ispirata dalla straordinaria e superiore virtú; al quale interesse e alla qual maraviglia, cioè al pieno effetto di tal virtú descritta e figurata nel poema, richiedevasi necessariamente la felicità e il buon successo, che in tutti i tempi, ma negli antichissimi principalmente, sono considerati come il compimento della virtú, anzi pure come