quali luoghi ho disputato altrove, non esprimono azione continuata per se stessa, giacché l’azione di lanciare e quella di ricever l’aria col respiro non sono azioni continue, ma si concepiscono come istantanee; né anche significano costume di lanciare o di ricevere; ma moltitudine continuata di queste tali azioni, cioè di lanciamenti, per cosí dire, e di ricevimenti, che senza interruzione o per lungo tempo succedono l’uno all’altro. Questa è idea continua, e bene, in questo caso, si chiameranno continuativi quei tali verbi, e non potranno per nessun modo chiamarsi altrimenti con proprietà. Malissimo poi si chiameranno frequentativi, giacché ben altro è il fare una cosa frequentemente ed altro il ripetere per un certo maggiore o minor tempo una stessa azione continuamente, quando anche quest’azione per se non sia continua e si fornisca nell'istante. Questa è continuità di fare una stessa azione, ben diversa dalla frequenza di fare una stessa azione. La qual frequenza suppone e considera degl’intervalli, maggiori, (2817) minori e più o meno numerosi che sieno, durante i quali quell’azione non si fa, laddove la detta continuità non li suppone, ed ancorché, come è naturale, sempre vi sieno, pure, siccome minimi, non li considera. Avendo l’occhio a queste osservazioni si vedrà quanto gran numero di verbi latini detti frequentativi lo sieno impropriamente, e quante significazioni credute frequentative, e che tali paiono a prima vista, perché rappresentano ripetizione di una stessa azione, con tutto ciò non lo sieno, ma sieno veramente continuative. Bisogna sottilmente distinguere, come abbiamo mostrato, e non credere che qualunque verbo esprime ripetizione di una stessa azione, sia frequentativo, né che questa ripetizione sia sempre lo stesso che la frequenza d’essa azione. La successione di piú azioni di una stessa specie è ben altra cosa che la frequenza di esse. E con questo