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136 pensieri (3016-3017-3018)

compone, si stabilisce a grado a grado un linguaggio poetico che tuttavia piú si va differenziando dal prosaico e dal familiare, finché giunge a quel punto di differenza, oltre il quale non è bene ch’egli trapassi. Ma questo mezzo necessario all’eleganza, necessarissimo a potere avere o formare un linguaggio distintamente poetico e proprio della poesia, manca  (3017) affatto ai primi scrittori e poeti di qualsivoglia nazione, i quali non trovano antichità di lingua scritta, non ponno se non debolmente, confusamente e scarsamente conoscere le antichità della lingua parlata, e conoscendole ancora, o in quanto le conoscono, non ponno se non molto parcamente adoperarla per non riuscire oscuri e affettati alla nazione ignorante e non assuefatta ad altro linguaggio nazionale mai se non solo al suo corrente e giornaliero. Quindi è che quei primi poeti e scrittori debbono necessariamente rivolgersi al linguaggio per la piú parte, e in genere, familiare, e conseguentemente eziandio pigliare un stile che sappia sempre piú o meno di familiare, in qualsivoglia materia ch’ei trattino e genere di scrittura ch’egli esercitino (23 luglio 1823).


*    Come la lingua sascrita, prodigiosamente ricca, tragga e formi la sua ricchezza da sole pochissime radici, col mezzo del grand’uso ch’ella fa della composizione e derivazione de’ vocaboli, vedi l’Encyclopédie méthodique, Grammaire et littérature, article Samskret, particolarmente il passo  (3018) di M. Dow.

A questo proposito è notabile un luogo che si legge nella Orazione delle lodi di Filippo Sassetti (viaggiatore fiorentino morto nel 1589) detto nell’Accademia degli Alterati l’Assetato, di Luigi Alamanni (diverso dal poeta) che sta nelle Prose fiorentine, par. I, vol. IV, ediz. venez., 1730-43, p. 46-7, dove puoi vederlo, ed è non molto prima del mezzo della Orazione. Di Filippo Sassetti puoi vedere il Tiraboschi nella Storia