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(2159-2160-2161) pensieri 83

difficilissimo? e spesso immaginario, falso, inutilissimo? spesso ancora conducente ad esito contrario? (24 novembre, dí di S. Flaviano, 1821).


*    Lo stato di disperazione rassegnata, ch’è l’ultimo passo dell’uomo sensibile e il finale sepolcro della sua sensibilità, de’ suoi piaceri e delle sue pene, è tanto mortale alla sensibilità ed alla poesia  (2160) (in tutti i sensi ed estensione di questo termine), che, sebbene la sventura e il sentimento attuale di lei pare ed è, escluso il detto stato, la piú micidial cosa possibile alla poesia (né solo la sventura attuale, ma anche l’abituale, che deprime miseramente l’immaginazione, il sentimento, l’animo); contuttociò, se può succedere che nel detto stato una nuova e forte sventura cagioni all’uomo qualche senso, quel punto, per una tal persona, è il piú adattato ch’egli possa mai sperare alla forza dei concetti, al poetico, all’eloquente dei pensieri, ai parti dell’immaginazione e del cuore, già fatti infecondi. Il nuovo dolore in tal caso è come il bottone di fuoco che restituisce qualche senso, qualche tratto di vita ai corpi istupiditi. Il cuore dà qualche segno di vita, torna per un momento a sentir se medesimo, giacché la proprietà e l’impoetico della disperazione rassegnata consiste appunto nel non esser piú  (2161) visitato né risentito neppur dal dolore.


     Ma questi effetti miseramente poetici, miseramente (e anche languidamente) vivi, sono passeggeri, anzi momentanei, perché un tal uomo, malgrado la grandezza della sventura nuova, ricade assai presto nel letargico stato di rassegnazione. E però gli è necessario il poetare nell’atto stesso della sventura, ovvero egli non è e non si sente poeta ed eloquente, se non in quell’atto (contro ciò che accade in ogni altro caso); temperandosi il senso attuale della sventura colla sua radicata abitudine di soffrire, di tol-