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236 pensieri (2431-2432)

Or se contuttociò, tu non crederesti di poter aver con costui nessuna o quasi nessuna società e non ti soddisfaresti né ti compiaceresti in alcun modo del suo commercio, che dovremo dire di quella società che i filosofi tedeschi e romantici vogliono che il poeta supponga, anzi ponga e crei fra l’uomo e il resto della natura? La qual società vogliono che sia tale che tutto per immaginazione si supponga vivo bensí, ma non di vita umana, anzi diversissima secondo ciascun genere di esseri? Non è questa una società peggiore e piú nulla di quella col cieco e sordo? Il quale finalmente è uomo. Ma qui sebben tu creda e poeticamente t’immagini che le cose vivano, non supponendo che questa vita abbia nulla di comune colla tua, che sentimento di te puoi presumere di destare in loro, o qual sentimento della vita loro puoi presumere di ricever da essi, non potendo neppur concepire altra forma di vita se non la propria? Che giova alla tua immaginazione e alla tua sensibilità il figurarti che la natura viva? Che relazione può la tua fantasia fabbricarsi  (2432) colla natura per questo? Ella è cieca e sorda verso te, e tu verso lei. Non basta al sentimento e al desiderio innato di quasi tutti i viventi che li porta verso il loro simile, il figurarsi che le cose vivano, ma solamente che vivano di vita simile per natura alla propria. Tolta questa non v’é società fra viventi, come non vi può esser società fra cose dissimili, e molto meno fra cose che in nessun modo si possono intendere l’une coll’altre, né comunicarsi alcun sentimento, né farsi scambievolmente verun segno di se, e neppur concepire o formarsi nessuna idea del genere di vita l’una dell’altra. Fra le bestie e l’uomo non è di gran lunga cosí, e perciò qualche società può passare e passa fra questo e quelle, e maggiore, quanto piú la loro vita e il loro spirito è simile al nostro, e quanto piú esse mostrano di concepire le cose nostre, e noi le loro; e maggiore ezian-