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(2418-2419-2420) pensieri 229

ma poetiche, generalmente parlando, eziandio nella prosa, benché senza affettazione; vale a dir poetiche in quanto lingue e non quanto allo stile, come sono sconciamente e discordantissimamente poetiche tutte le prose francesi. Or lingua poetica è lingua non matematica,  (2419) anzi contraria per indole allo spirito matematico (la sascrita, reputata bellissima fra le orientali, è notatamente arditissima e poeticissima).


     Quelli pertanto che, essendo gelosissimi della purità e conservazione della lingua italiana, si scontorcono, come dice il Bartoli (Torto ec., c. 11), ad ogni maniera di dire che non sia stampata sulla forma della grammatica universale, non sanno che cosa sia né la natura della lingua italiana che presumono di proteggere né quella di tutte le lingue possibili. Ciascuna bellezza, sí di una lingua in genere (eccetto l’armonia e la ricchezza delle parole o delle loro inflessioni), sí di un modo di dire in ispecie, è un dispetto alla grammatica universale e una espressa, benché or piú grave or piú leggera, infrazione delle sue leggi (5 maggio 1822). Vedi p. 2425.


*    L’animo forte ed alto resiste anche alla necessità, ma non resiste al tempo, vero ed unico trionfatore di tutte le cose terrene. Quel dolore profondissimo e ostinatissimo, che sdegnava e calpestava la consolazione volgare  (2420) della sventura, cioè l’inevitabilità e l’irreparabilità della medesima, e il non poterne altro, che rinasceva ogni giorno e talvolta con maggior forza di prima, che per lunghissimo spazio era sembrato indomabile e inestinguibile, e piuttosto pareva accrescersi di giorno in giorno che scemarsi; per tutto ciò non può far che ricusi e non ammetta la consolazione del tempo e dell’assuefazione che il tempo insensibilmente e dissimulatissimamente introduce, e che in ultimo, dopo ostinatissima guerra, non si trovi vinto e morto e che quell’animo feroce