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(1648-1649-1650) pensieri 287

dove l’uomo di sentimento e d’immaginazione e di entusiasmo è subito disingannato. La vita esteriore degli antichi era tanta che avvolgendo i grandi spiriti nel suo vortice arrivava piuttosto a sommergerli che a lasciarsi esaurire. Oggi un uomo quale ho detto, appunto per la sua straordinaria sensibilità, esaurisce la vita in un momento. Fatto ciò, egli resta vuoto, disingannato profondamente e stabilmente, perché ha tutto profondamente e vivamente provato: non si è fermato alla superficie, non si va affondando a poco a poco; è andato subito al fondo, ha tutto abbracciato e tutto rigettato come effettivamente indegno e frivolo; non gli resta altro a vedere,  (1649) a sperimentare, a sperare. Quindi è che si vedono gli spiriti mediocri, ed alcuni sensibili e vivi sino a un certo segno, durar lungo tempo ed anche sempre, nella loro sensibilità, suscettibili di affetto, capaci di cure e di sacrifici per altrui, non contenti del mondo, ma sperando di esserlo, facili ad aprirsi all’idea della virtú, a crederla ancora qualche cosa ec. (essi non hanno ancora perduto la speranza della felicità). Laddove quei grandi spiriti che ho detto, fin dalla gioventú cadono in un’indifferenza, languore, freddezza, insensibilità mortale e irrimediabile, che produce un egoismo noncurante, una somma incapacità di amare ec. La sensibilità e l’ardore dell’animo è cosí fatto, che, s’egli non trova pascolo nelle cose circostanti, consuma se stesso e si distrugge e perde in poco d’ora, lasciando l’uomo tanto al disotto della magnanimità ordinaria, quanto prima l’avea messo al disopra. Laddove la mediocre sensibilità si mantiene, perché abbisogna di poco alimento. Quindi è che le virtú grandi non sono pe’ nostri tempi  (1650) (7 settembre 1821). Puoi vedere p. 1653, fine.


*   Quanto l’immaginazione contribuisca alla filosofia (ch’é pur sua nemica), e quanto sia vero che il