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(1619-1620) pensieri 269

può mai crescere; bensí quella dell’individuo ec. (3 settembre 1821).


*   Io non credo che le mie osservazioni circa la falsità d’ogni assoluto debbano distruggere l’idea di Dio. Da che le cose, sono par ch’elle debbano avere una ragion sufficiente di essere, e di essere in questo lor modo, appunto perch’elle potevano non essere o esser tutt’altre, e non sono punto necessarie. Ego sum qui sum, cioè ho in me la ragione di essere: grandi e notabili parole! Io concepisco l’idea di Dio in questo modo. Può esservi una cagione universale di tutte le cose che sono o ponno essere, e del loro modo di essere. - Ma la cagione di questa cagione qual sarà? poich’egli non può esser necessario, come voi avete dimostrato. ― È vero che niente preesiste alle cose. Non preesiste dunque la necessità. Ma pur preesiste la possibilità. Noi non possiamo concepir nulla al di là della materia. Noi non possiamo dunque negare l’aseità, benché neghiamo la necessità di essere. Dentro i limiti della materia e nell’ordine di cose che ci è noto,  (1620) pare a noi che nulla possa accadere senza ragion sufficiente; e che però quell’essere che non ha in se stesso veruna ragione e quindi veruna necessità assoluta di essere, debba averla fuor di se stesso. E quindi neghiamo che il mondo possa essere, ed esser qual è, senza una cagione posta fuori di lui. Sin qui nella materia. Usciti della materia, ogni facoltà dell’intelletto si spegne. Noi vediamo solamente che nulla è assoluto né quindi necessario. Ma appunto perché nulla è assoluto, chi ci ha detto che le cose fuor della materia non possano esser senza ragion sufficiente? Che quindi un Essere onnipotente non possa sussister da se ab eterno, ed aver fatto tutte le cose, bench’egli assolutamente parlando, non sia necessario? Appunto perché nulla è vero né falso assolutamente, non è egli tutto possibile, come abbiamo provato altrove?