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(1595-1596-1597) pensieri 255

lezza, l’ingegno ec. ec.? La virtú ec. un certo buon ordine ec. ec. sono o non sono voluti dalla natura? (Questo è certo, perché il fanciullo e il giovane v’é sempre inclinato). Che strana contraddizione è dunque questa che nello stato di società i vantaggi naturali e acquisiti sieno quasi assolutamente incompatibili colla bontà de’ costumi? che per trovar questa, bisogni  (1596) desiderare che il tale o tal altro sia brutto, sciocco ec. ec.? anzi che la maggior parte degli uomini, e tutti, se fosse possibile, fossero tali pel bene del mondo? (I devoti sogliono infatti chiamar favori e benifizii di Dio, questi e altri tali svantaggi). Che vuol dir tutto ciò? che lo stato sociale è contraddittorio colla natura, e con se stesso. Giacché esso stesso non può sussistere senza la virtú e la morale, unico legame degli uomini, e sola sufficiente garanzia dell’ordine e della società ec., e queste non possono stare con un’altra cosa che è parimente necessaria al bene della società, vale a dire i vantaggi e i beni individuali. Quello che dico degl’individui dico anche delle nazioni. È noto come la giustizia ec. ec. sogliano essere osservate dalle nazioni e principi deboli o infelici ec., e trascurate affatto dalle altre e da esse stesse appena arrivano alla felicità e forza, come accadde a Roma (31 agosto 1821).


*    Il sopraddetto si può, se non altro, e con molto maggior forza, applicare a dimostrar le ingenite ed essenziali contraddizioni che rinchiude uno stato di civiltà come il presente (31 agosto 1821).  (1597)


*   Tutto nella natura è armonia, ma soprattutto niente in essa è contraddizione. Non è possibile che, massime in un medesimo individuo, in un medesimo genere di esseri, e degli esseri piú elevati nell’ordine naturale, siccom’è l’uomo, la perfezione di una parte principale e importantissima di esso, voluta