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(1566-1567-1568) | pensieri | 237 |
stanze accidentali, non è possibile che quella tal nazione sia abitualmente e generalmente virtuosa, e che gl’individui di lei si allevino in quella virtú che da un momento all’altro può divenir loro non solo inutile, ma anche dannosissima. La virtú allora (1567) non sussistendo che nelle apparenze, quando queste bisognino, non è virtú, ma calcolo, finzione, e quindi vizio. E bisogna ch’ella sia sempre finta nei sudditi, perch’essi, quando anche giovi oggi, non possono sapere se gioverà domani, dipendendo la sua utilità non dalla sua natura né da circostanze essenziali e stabilmente fondate nella loro ragione, ma dall’essere amata o non amata da individui, che per lo piú non l’amano e che, se non altro, oggi possono amarla e domani no, amarla questo e odiarla quello o il suo successore ec. ec.
Oltracciò quelle qualità che si esercitano per piacere ad una società molto estesa, come dire alla nazione, sono quasi inseparabili (quando anche fossero finte, nel qual caso non giovano costantemente) da una certa grandezza d’animo; e contribuisce questa circostanza a render gli uomini virtuosi ec. e veramente virtuosi. Anche lo stesso far corte a una nazione per ottenerne il favore, ingrandisce l’animo ed è compatibile colla virtú. Il soggettarsi alla nazione è piuttosto grandezza che bassezza. Dove che il far corte all’individuo per cattivarsene la grazia, il soggettarsi ad un uomo uguale a voi e nel quale non vedete nessuna buona e sublime ragione di predominio, nessuna (1568) bella illusione che nobiliti il vostro abbassamento (come accade riguardo alla nazione, la cui moltitudine pone quasi lo spettatore in una certa distanza, e la distanza dà pregio alle cose; alla nazione dove sempre si suppongono grandi e buone qualità in massa); tutto questo, dico, impiccolisce, avvilisce, abbassa, umilia l’animo, e gli fa ben sentire il suo degradamento, laonde è incompatibile colla virtú;