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(1544-1545) pensieri 223

hanno e di cui potrebbero far sí buon uso. Mancano pure dell’abito di saper convenientemente esprimere idee nuove o in nuova maniera, cioè di applicare per la prima volta la parola e l’espressione conveniente ad un’idea, di fabbricarle una veste adattata alla scrittura; e perciò, quando anche le concepiscano chiaramente, le lasciano da banda, non sapendo darle giorno, e disperando, anzi neppur desiderando di potere, e si rivolgono alle idee altrui che hanno già le loro vesti belle e fatte. Ché se essi talvolta si lasciano portare a volere esprimere le dette idee proprie, per la mancanza di abilità acquistata coll’esercizio lo fanno miserabilmente. Questo esercizio è tanto necessario, che io per l’una parte loderò moltissimo, per l’altra piglierò sempre buonissima speranza di un fanciullo o di un giovane, il quale, ponendosi a scrivere e comporre, vada sempre dietro alle idee proprie, e voglia a ogni costo esprimerle, siano pur frivole, com’é naturale nei principii della riflessione, e malamente espresse, com’é naturale ne’ principii dello scrivere e dell’applicare  (1545) i segni ai pensieri. A me pare ch’io fossi uno di questi (22 agosto 1821).


*    L’uomo senza la speranza non può assolutamente vivere, come senza amor proprio. La disperazione medesima contiene la speranza, non solo perché resta sempre nel fondo dell’anima una speranza, un’opinione, direttamente o quasi direttamente, ovvero obbliquamente contraria a quella ch’è l’oggetto della disperazione, ma perché questa medesima nasce ed è mantenuta dalla speranza o di soffrir meno col non isperare né desiderare piú nulla; e forse anche con questo mezzo, di goder qualche cosa; o di esser piú libero e sciolto e padrone di se e disposto ad agire a suo talento, non avendo piú nulla da perdere, piú sicuro, anzi totalmente (se è possibile e vedi la p. 1477) sicuro in mezzo a qualunque futuro caso della vita ec.; o di qualche altro van-