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(1360-1361-1362) | pensieri | 113 |
possa pur continuare (1361) a produrre ingegni atti alla letteratura e alla poesia, l’unico mezzo di fare che anche questi abbiano o seguano ad avere una lingua, e non pregiudicata dalla natura del secolo, è quello che ho detto (20 luglio 1821).
* Tutto ciò si deve applicare non solo alle lingue, ma alle letterature ancora, la cui perfezione parimente consiste in quel punto che ho detto delle lingue ec., ed alle quali parimente conviene separarsi dalla moderna filosofia, ed ai letterati non esser filosofi alla moderna, non solo nelle scritture, ma, se è possibile, neppur nell’animo ec. (21 luglio 1821).
* Οὐδὲν τοῦ ὅλου, rien du tout, pas (che val propriamente nulla) du tout (21 luglio 1821).
* Chi vuol vedere la differenza fra l’amor patrio antico e moderno, e fra lo stato antico e moderno delle nazioni, e fra l’idea che s’aveva anticamente, e che si ha presentemente, del proprio paese ec., consideri la pena dell’esilio, usitatissima e somma presso gli antichi ed ultima pena de’ cittadini romani; ed oggi quasi disusata e sempre minima e (1362) spesso ridicola. Né vale addurre la piccolezza degli stati. Presso gli antichi l’essere esiliato da una sola città, fosse pur piccola, povera, infelice quanto si voglia, era formidabile se quella era patria dell’esiliato. Cosí forse anche oggi nelle parti meno civili o piú naturali, come la Svizzera ec. ec., il cui straordinario amor patrio è ben noto ec. Oggi l’esilio non si suol dare veramente per pena, ma come misura di convenienza, di utilità ec., per liberarsi della presenza di una persona, per impedirla da quel tal luogo ec. Non cosí anticamente, dove il fine principale dell’esiliare era il gastigo dell’esiliato ec. ec. (21 luglio 1821). La gravità della pena d’esilio consisteva nel trovarsi l’esiliato