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54 pensieri (544-545-546)

governo stesso, indipendentemente dalla considerazione de’ suoi ministri, né inerente alla natura dell’uomo, ancorché ridotto in società. Consideriamo.  (545)

Il governo monarchico, assoluto e dispotico, ossia giustamente e con verità, ossia che l’uomo odia naturalmente la servitú e soffre di miglior animo i mali della cattiva e sregolata libertà; o che questo è il peccato, il flagello, il difetto, la sventura dominante del nostro secolo e de’ passati, dall’estinzione, possiamo dire, della libertà romana in poi; per qualunque ragione è considerato come il piú imperfetto e barbaro e contrario al buon senso, alla retta ragione, alla natura, insomma per il peggiore di tutti i governi. Tale sarà oggidí; non mica in principio: anzi in principio lo giudico e credo il piú perfetto, e posso dire il solo perfetto e ragionevole e naturale. Cioè, posto che v’abbia ad essere un governo, io dico che questo, nello stato primitivo della società, non doveva né poteva esser altro che il monarchico assoluto; e non volendo questo, non c’era ragione di volere un governo.

L’uomo per natura è libero e uguale a qualunque altro della sua specie. Ma nello  (546) stato di società non è cosí. La ragione, il principio, lo scopo della società, non è altro che il ben comune di coloro che la compongono e si uniscono in un corpo piú o meno esteso. Senza questo fine la società manca della sua ragione. E siccome ella è non solamente irragionevole se non ha questo fine, ma è ancora non pure inutile ma dannosa all’uomo se sussiste senza conseguirlo; perciò, se il detto fine non si realizza, conviene sciôrre la società, perché questa per se stessa e indipendentemente dal detto fine, porta all’uomo piú nocumento che vantaggio, anzi solo nocumento.

Ora il ben comune di un corpo o società non si può ottenere se non per la cospirazione di tutti i membri di lei a questo fine. Cosí accade in tutte le