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(529-530-531) | pensieri | 45 |
realmente, perché infatti neanche i fanciulli provano mai soddisfazione nell’atto del piacere, non potendo nessun vivente esser soddisfatto se non da un piacere infinito, come ho detto altrove. Anzi, il nostro dolore, dopo tali circostanze, era inconsolabile, non tanto perché il piacere fosse passato, quanto perché non avea corrisposto alla speranza. Dal che seguiva talvolta una specie di rimorso o pentimento, come se non avessimo goduto (530) per nostra colpa. Giacché l’esperienza non ci aveva ancora istruiti a sperar poco, preparati a veder la speranza delusa, assuefatti a consolarci facilmente di tali e maggiori perdite ec. Insomma, considerando in quella età le cose come importanti o piú importanti di quello che le consideriamo in altra età (cosí relativamente e in particolare, come in generale e assolutamente), è naturale che come i piaceri, cosí i dolori di quell’età sieno maggiori in proporzione dell’importanza che gli oggetti del dolore o del piacere hanno nella nostra opinione. Cosí nella speranza di qualche bene, quale non era la nostra inquietudine, i nostri timori, i nostri palpiti, le nostre angosce ad ogni piccolo ostacolo o apparenza di difficoltà, che si opponesse al conseguimento della detta speranza! E se poi l’oggetto stesso della speranza (ancorché minimo, rispetto alle nostre opinioni presenti) non si conseguiva, quale non era la nostra disperazione! In maniera che, forse, in séguito, nelle piú grandi sventure della vita, non abbiamo provato né proveremo mai tanto dolore e accoramento come per quelle minime sventure fanciullesche. (531)
Lascio stare il timore e lo spavento proprio di quell’età, per mancanza di esperienza e sapere e per forza d’immaginazione ancor vergine e fresca; timor di pericoli di ogni sorta, timore di vanità e chimere proprio solamente di quell’età e di nessun’altra, timor delle larve, sogni, cadaveri, strepiti notturni, immagini reali, spaventose per quell’età e indif-