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(1144-1145) | pensieri | 439 |
mino la mia interpretazione. C’é anche il verbo transvertere, di cui vedi Forcellini e di cui transversare par che debba essere il continuativo.
Tiriamo innanzi con altro esempio. Da arctus o arcitus, antico participio di arcere preso nel significato di coercere, continere (del quale vedi Festo e il Forcellini che ne dà buoni esempi), viene il continuativo arctare che significa stringere, constringere, non già momentaneamente come quando stringiamo la mano ad uno, ma stringere continuatamente ed in modo che l’azione dello stringere non sia un puro atto, ma un’azione. O da arctare o da coercere deriva il verbo coarctare che significa ne’ buoni scrittori latini ristringere. Ma ne’ glossari latinobarbari questo verbo si trova in significato di costringere o forzare, e in questo senso l’adoperò Paolo giureconsulto, l’esempio del quale è registrato negli stessi vocabolari latini; e in questo senso assai piú che in quello di ristringere (oggi si può dire dimenticato) s’adopera in Italia coartare e coartazione, quantunque la Crusca non dia questo significato a coartare, (1145) e dandolo a coartazione s’inganni, credendo che nell’unico esempio che riporta questa parola sia presa in detto senso, giacché v’é presa nel senso di restrizione, conforme ha dimostrato il Monti (Proposta ec. alla voce Coartazione, vol. I, parte 2, p. 166). Il quale condanna come barbare le parole coartare e coartazione prese in forza di costrignimento, sforzamento. Ora io credo che questo significato non sia né barbaro in italiano, né moderno nel latino, ma antico ed usitato nel latino volgare, quantunque non ammesso nelle buone scritture.
Primieramente osservo che coarctare è continuativo di coercere, e coercere, come ognun sa, ha ne’ buoni latini un significato metaforico (piú comune forse del proprio) che somiglia molto a quello di forzare. Anzi alcuni grammatici gli danno anche questo significato, sebbene sopra autorità incompetente, cioè quella del