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(1079-1080) pensieri 389

in nessun modo di obbedire al vincitore, e volendo piuttosto mancar di tutto e rinunziare ad ogni menoma proprietà passata, che dipendere dallo straniero; parte per forza, giacché il vincitore occupava le terre e i paesi vinti non solo col governo e colle leggi, non solo colla proprietà o de’ campi o de’ tributi ec., ma interamente e pienamente col venirci ad abitare, colle colonie ec., col mutare insomma nome e natura al paese conquistato, spiantandone affatto la nazione vinta e trapiantandovi parte della vincitrice. Cosí accadde alla Frigia, ad Enea ec.; o, se non vogliamo credere quello che se ne racconta, questo però dimostra qual fosse il costume di que’ tempi (23 maggio 1821).


*    Alla p. 366. In una macchina vastissima e composta d’infinite parti, per quanto sia bene e studiosamente fabbricata e congegnata, non possono non accadere dei disordini, massime in lungo spazio di tempo; disordini  (1080) che non si possono imputare all’artefice né all’artifizio, e ch’egli non poteva né prevedere distintamente né impedire. Vedi p. 1087, fine. Di questo genere sono quelli che noi chiamiamo inconvenienti accidentali nell’immenso e complicatissimo sistema della natura e nella sua lunghissima durata. Che sebben questi non ci paiano sempre minimi, bisogna considerarli in proporzione della detta immensità e complicazione e della gran durata del tempo.

Per iscusarne da una parte la natura, e dall’altra parte per conoscere se sieno veramente accidentali e contrari al sistema e non derivati da esso, basta vedere se si oppongono all’andamento prescritto e ordinato primitivamente dalla natura alle cose, e se ella vi ha opposti tutti gli ostacoli compatibili, che spesso possono riuscire insufficienti come nella macchina la meglio immaginata e lavorata. Quando noi dunque nelle infelicità