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(1036-1037) pensieri 357

nella sostanza e nel suo fondo principale, lo stesso che il detto volgare. E lo è per la circostanza della località (lasciando ora le prove di fatto e di erudizione) piú di quello che lo siano lo spagnuolo e il francese. Questo ragionamento però vale per qualunque lingua derivata sí dal latino, sí da qualunque altra lingua antica; e ciascuna lingua moderna derivata da qualunque lingua antica è derivata dal volgare di essa lingua e non dallo scritto. Che se la lingua tedesca, a detta del Tercier, è fra tutte ec., vedi p. 1012, principio, questo accade perché la lingua antica teutonica scritta, come lingua incólta o non bene determinata e formata alla scrittura, come lingua illetterata ancorché scritta, pochissimo o nulla differiva dalla parlata e volgare. Ma altrettanta e forse maggiore uniformità si vedrebbe fra l’italiano e l’antico volgare latino, se di questo si avesse maggior notizia. E dico maggiore uniformità non senza ragione di fatto, considerando la molta differenza che passa poi realmente fra l’odierno tedesco e il teutonico (Andrés, II, 249-254); e la somma rassomiglianza che io in molti luoghi ho cercato di provare fra l’italiano  (1037) e il latino volgare antico. Cosí che la lingua italiana, invece di essere la piú moderna di tutte le viventi europee, come pretendono (Andrés, II, 256 e passim), si verrebbe a conoscere o la piú antica o delle piú antiche, perdendosi l’origine di essa e del suo uso (non mai nel séguito interrotto, sebbene alterato) nella oscurità delle origini dell’antichissimo e primo latino. A differenza dello spagnuolo e del francese, perché in queste nazioni l’uso del volgare latino fu certo molti e molti secoli piú tardo che in Italia (12 maggio 1821).


*    Basta vedere il principio dell’orazione Ἐπιτάφιος attribuita a Demostene, dove discorre della nobiltà del popolo ateniese, per conoscere come fosse fermo