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330 | pensieri | (1000-1001) |
primieramente i suoi libri della guerra giudaica nella lingua sua patria (qualunque fosse questa lingua, o l’ebraica, come crede l’Ittigio, (nel Giosef. dell’Havercamp, t. II, appendice, p. 80, colonna 2) o la sirocaldaica, come altri (Vedi Basnagius, Exercit. ad Baron., pag. 388, Fabricius, III, 230, not. (p.)), in uso, com’egli dice, de’ barbari dell’Asia superiore, cioè, com’egli stesso spiega (De bello Iud., Proem., art. 2, edit. Haverc., t. II, p. 48). de’ parti, de’ babilonesi, degli arabi piú lontani dal mare, de’ giudei di là dall’Eufrate e degli adiabeni (Fabricius, l. c., Gioseffo, l. c., pag. 47. not. (h)), volendo poi, com’egli dice, accomodarla all’uso de’ sudditi dell’imperio (1001) romano, τοῖς κατὰ τὴν Ῥωμαίων ἡγεμονίαν e, scrivendo in Roma, giudicò, come pur dice (Fabricius, III, 229, fine e 231, principio), e come fece, di traslatarla (non in latino) in greco, Ἑλλάδος γλώσσῃ μεταβαλεῖν (idem, l. c., art. 1, p. 47). E cosí traslatata la presentò a Vespasiano e a Tito, imperatori romani (Ittigio l. c.; Fabricius, III, 231, lin. 8; Tillemont, Empereurs. t. I, p. 582) (30 aprile 1821).
* La lingua greca, benché a noi sembri a prima vista il contrario, e ciò in gran parte a cagione delle circostanze in cui siamo tutti noi europei ec. rispetto alla latina, è piú facile della latina; dico quella lingua greca antica quale si trova ne’ classici ottimi, e quella lingua latina quale si trova ne’ classici del miglior tempo; e l’una e l’altra comparativamente, qual é presso gli scrittori dell’ottima età dell’una e dell’altra lingua. E ciò malgrado la maggiore ricchezza grammaticale ed elementare della lingua greca. Questa dunque è la cagione perch’ella fosse piú atta della latina ad essere universale, e n’é la cagione sí per se stessa e immediatamente, sí per la somiglianza che produce fra la lingua volgare e quella della letteratura, fra la parlata e la scritta (1 maggio 1821).