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322 | pensieri | (990-991) |
(e massime italiani) si citino in francese o se n’aggiunga la traduzione.
Osservo ancor questo. Ridotti in provincie romane i diversi paesi dell’impero, tutti gli scrittori che uscirono di queste provincie, qualunque lingua fosse in esse originaria o propria, scrissero in latino. I Seneca, Quintiliano, Marziale, (991) Lucano, Columella, Prudenzio, Draconzio, Giovenco ed altri, spagnuoli; Ausonio, Sidonio Apollinare, S. Prospero, S. Ilario, Latino Pacato, Eumenio, Sulpizio Severo ed altri, galli; Terenzio, Marziano Capella, Frontone, Apuleio, Nemesiano, Tertulliano, Arnobio, S. Ottato, Mario Vittorino, S. Agostino, S. Cipriano, Lattanzio ed altri, affricani; Sedulio, scozzese. Vedi p. 1014. Parecchi de’ quali arrivarono ancora all’eccellenza nella lingua latina. Non cosí i greci. E dico tanto i greci europei, quanto quelli nativi delle colonie greche nell’Asia Minore o delle altre parti dell’Asia divenute greche di lingua e di costumi dopo la conquista di Alessandro, e cosí dell’Egitto o di qualunque luogo dove la lingua greca prevalesse nell’uso quotidiano, ovvero anche solamente come lingua degli scrittori e della letteratura. Nessuno di questi scrisse in latino, ma tutti in greco, eccetto pochissimi (come Claudiano e Igino, alessandrini, Petronio, marsigliese ec.); che son quasi nulla rispetto al numero ed estensione delle dette provincie greche, massime paragonandoli alla gran copia degli altri scrittori latini forestieri di ciascuna provincia, ancorché minore. E di questi pochissimi nessuno arrivò, non dico all’eccellenza, ma appena alla mediocrità nella lingua latina. Vedi p. 1029. E Macrobio, che si stima uno di questi pochissimi, si scusa se ec. (vedi il Fabricius, Bibliotheca Latina, t. II, p. 113, l. 13, c. 12, § 9, nota (a)) e di lui dice Erasmo (in Ciceroniano): Graeculum latine balbutire credas (Fabricius, ivi). Cosa applicabilissima agli odierni francesi per lo piú balbettanti nelle altrui lingue e massime nella nostra. E di Ammiano Mar-