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(965-966-967) | pensieri | 303 |
mologia comune, (966) e nondimeno esser lingue diversissime. In conseguenza, se ai francesi pare di ravvisare il gusto, l’andamento, il carattere di Virgilio nel Delille, e a noi italiani pare tutto l’opposto, io dico che in ciò siamo piú degni di credenza noi, che col mezzo della lingua propria, solo mezzo di sentire le altre, possiamo meglio di tutti sentire le qualità della francese e, piú ancora, della latina, di quello che i francesi, che col mezzo della loro renitentissima ed unica lingua non hanno se non ristretta facoltà di sentire veramente Virgilio e gustarlo in tutto ciò che spetta alla lingua. Passo anche piú avanti, e dico esser piú difficile ai francesi che a qualunque altra nazione europea, non solo il gustare e il sentire, ma anche il formarsi un’idea precisa e limpida, il familiarizzarsi e finalmente anche l’imparare le lingue altrui. Dice ottimamente Giordani (Biblioteca Italiana, vol. III, p. 173) che niuna lingua, né viva né morta, si può imparare se non per mezzo d’un’altra lingua già ben saputa. Questo è certissimo. S’impara la lingua che non sappiamo barattando parola per parola e frase per frase con quella che già possediamo. Ora, se questa lingua che già possediamo non si presta se non pochissimo e di pessima voglia e difficilissimamente a questi baratti, è manifesto che la difficoltà d’imparare le altre lingue dovrà essere in proporzione. E siccome questa lingua già posseduta è (967) l’unico strumento che abbiamo a formare il concetto della natura, forza e valore delle frasi e delle parole straniere, se lo strumento è insufficiente o scarso, scarso e insufficiente sarà anche l’effetto.
Ciò è manifesto: 1°, Dal fatto. La gran difficoltà di certe lingue affatto diverse dal carattere delle nostrali consiste in ciò, che, cercando nella propria lingua parole o frasi corrispondenti, non le troviamo, e non trovandole non intendiamo o stentiamo a intendere, o certo a concepire con distinzione ed esattezza