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286 | pensieri | (944-945) |
articolo (Annali di Scienze e Lettere, Milano, gennaio 1812, vol. IX, num. 25, p. 42 mezzo) nomina (ad altro proposito) la istituzione delle caste dell’India, dove io l’ho già notata nel pensiero a cui questo si riferisce, e di piú nell’antico Egitto. Questo lo fa incidentemente, sicché non ha verun’altra parola su questo punto (14 aprile 1821).
* Alla p. 943. Cosí che la lingua chinese, quanto supera le altre lingue nella moltiplicità, complicazione e confusione degli elementi e della costruttura della scrittura, tanto le avanza nella semplicità e piccolo numero degli elementi dell’idioma (14 aprile 1821).
* Alla p. 943. Insomma la scrittura chinese non rappresenta veramente le parole (che le nostre son quelle che le rappresentano, e ciò per via delle lettere che sono ordinate e dipendenti in tutto dalla parola) ma le cose; e perciò tutti osservano (945) che il loro sistema di scrittura è quasi indipendente dalla parola (Annali ec., p. 316, p. 297). Cosí che si potrebbe trovare qualcuno che intendesse pienamente il senso della scrittura chinese senza sapere una sillaba della lingua e leggendo i libri chinesi nella lingua propria o in qual piú gli piacesse, cioè applicando ai caratteri chinesi quei vocaboli che volesse, senza detrimento nessuno della perfetta intelligenza della scrittura e neanche del suo gusto, giacché le opere chinesi non hanno né possono avere né versificazione né ritmo né stile e conviene prescindere affatto dalle parole nel giudicarle; le loro poesie non sono composte di versi, né le prose oratorie di periodi (pag. 297); il genio della lingua non ammette il soccorso delle comuni particelle di connessione e presenta meramente una fila d’immagini sconnesse, i cui rapporti debbono essere indovinati dal lettore secondo le intrinseche loro qualità. (p. 298) E cosí viceversa, bene spesso taluni, dopo avere soggiornato venti anni alla China