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(938-939) pensieri 281

alla natura, come si sono superate tutte le altre barriere che la natura avea poste all’incivilimento e alla scienza.

III. Come la società, cosí anche la lingua fa progressi coll’estensione, e la lingua di un piccolo popolo è sempre rozza, povera e bambina balbettante, se non in quanto ella può essere influita dal commercio coi forestieri, che è fuori, anzi contro il caso. Si vede dunque che la natura coll’impedire l’estensione di una lingua uniforme ne ha voluto anche impedire il perfezionamento, anzi anche la semplice maturità o giovanezza. Da ciò segue che la lingua destinata dalla natura primitivamente e sostanzialmente agli uomini era una lingua di ristrettissime facoltà, e quindi di ristrettissima influenza. Dunque segue che essendo la lingua l’istrumento principale della società, la società destinata agli uomini dalla natura era una società di pochissima influenza, una società lassa e non capace di corromperli, una società poco maggiore di quella ch’esiste fra i bruti, come ho detto in altri pensieri.

IV. Colla debolezza della lingua destinataci, la natura avea provveduto alla conservazione del nostro stato primitivo, non solo in ordine alla generazione contemporanea,  (939) ma anche alle passate e future. Mediante una lingua impotente, è impotente la tradizione, e le esperienze, cognizioni ec. degli antenati arrivano ai successori oscurissime, incertissime, debolissime e piú ristrette assai di quelle ristrettissime che con una tal lingua e una tal società avrebbero potuto acquistare i loro antenati; cioè quasi nulle. Perché i bruti, non avendo lingua, non hanno tradizione, cioè comunicazione di generazioni, perciò il bruto d’oggidí è freschissimo e naturalissimo come il primo della sua specie uscito dalle mani del Creatore. Tali dunque saremmo noi appresso a poco, con una lingua limitatissima nelle sue facoltà. Il fatto lo conferma. Tutti i popoli che non hanno una lingua perfetta sono