loro propria specie e co’ loro simili. Ma non è cosa tanto opposta alla natura, quanto che un individuo senza né odio abituale né ira attuale, con nessuno o quasi nessuno vantaggio ed interesse suo, per comando di persona che certo non ama gran fatto e probabilmente non conosce, uccide un suo simile che non l’ha offeso in nessuna maniera e che, per dir poco, non conosce neppure e non è conosciuto dall’uccisore. Anzi di piú, un individuo ch’egli odia per lo piú molto meno di quello che gli comanda di ucciderlo, e certo molto meno di gran parte fra’ suoi stessi compagni d’arme e fra’ suoi concittadini. Perché oggi gli odi, le invidie, le nimicizie si esercitano coi vicini e nulla ordinariamente coi lontani: l’egoismo individuale ci (901) fa nemici di quelli che ci circondano, o che noi conosciamo ed hanno attenenza con noi, e massime di quelli che battono la nostra stessa carriera e aspirano allo stesso scopo che noi cerchiamo e dove vorremmo esser preferiti; di quelli che, essendo piú elevati di noi, destano per conseguenza l’invidia nostra e pungono il nostro amor proprio. Lo straniero, al contrario, ci è per lo meno indifferente e spesso piú stimato dei conoscenti, perché la stima ec. è fomentata dalla lontananza e dalla ignoranza della realtà e dallo immaginario che ne deriva; ed infatti, in un paese dove non regni amor patrio, il forestiero è sempre gradito, e i costumi, i modi ec. ec. tanto suoi, come di qualunque nazione straniera, sono sempre preferiti ai nazionali ed egli lo è parimente. Cosí che il soldato oggidí è molto piú nemico, sí di quelli in cui compagnia combatte, sí di quelli in cui vantaggio, per cui volere, sotto di cui combatte, che di coloro ch’egli combatte ed uccide. E tutto ciò per natura delle cose e non per capriccio. Talché, se vorremo una volta considerar bene le cose e non le apparenze, troveremo molta piú barbarie oggidí nella uccisione di un nemico solo, che an-