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(896-897) | pensieri | 249 |
possibilità della virtú, certo della virtú grande, e grandemente utile; della virtú stabile e solida e che abbia una base e una fonte durevole e ricca.
4°, Lascio la gran vita che nasce dall’amor patrio, e in proporzione della sua forza, ch’é massima ne’ popoli liberi e che gli antichi godevano mediante questo, e la morte del mondo, sparito che sia l’amor patrio, morte che noi sperimentiamo da gran tempo.
5°, Le guerre moderne sono certo meno accanite delle antiche e la vittoria meno terribile e dannosa al vinto. Questo è naturalissimo. Non esistendo piú nazioni, (897) e quindi nemicizie nazionali, nessun popolo è vinto, nessuno vincitore. Chi vince non vince quel tal popolo, ma quel tal governo. I soli governi sono nemici fra loro. Dunque la vittoria non si esercita sopra la nazione, la quale, come l’asino di Fedro cambia solamente la soma o l’asinaio, ma sopra il solo governo. Una nazione conquistata perde il suo governo e ne riceve un altro che presso a poco è il medesimo. Non essendo nemica della conquistatrice, non avendo avuto guerra con essa né questa con lei, partecipa ai di lei vantaggi, alle cariche pubbliche ec. Non perde le proprietà, né la libertà civile, né i costumi ec. (Alle volte non perderà neppure le sue leggi). Ma come tutto il suo non era suo, ma del suo padrone, cosí tutto questo, senza nuovo danno de’ suoi individui, come presso gli antichi, passa di peso e senza scomporsi ad essere di un altro padrone.
Anticamente il privato perdeva individualmente le sue proprietà, perché individualmente ne aveva. Ora non egli che non le ha individualmente e non le può perdere, ma il suo principe, vinto, perde tutte insieme le proprietà de’ suoi sudditi, ch’erano generalmente ed unitamente sue; e questo per conseguenza accade senza cangiamenti nello stato de’ particolari, e senza nuove violazioni de’ diritti privati e individuali. S’ella diviene dipendente al di fuori, lo era già al