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214 pensieri (837-838-839)

per tutti gli altri suoi fini, ancorché di minore importanza: e giudicate se si possa mai supporre  (838) per vera (21 marzo 1821). Vedi p. 870, fine.


*   Quanto piú l’indole, la struttura, l’andamento di una lingua è conforme alle regole naturali, semplice, diritto ec., tanto piú quella lingua è adattata alla universalità; e per lo contrario tanto meno, quanto piú ella è figurata, composta, contorta, quanto piú v’ha nella sua forma di arbitrario, di particolare e proprio suo o de’ suoi scrittori ec., non della natura comune delle cose. Le prime qualità spettano per eccellenza alla lingua francese, quantunque la lingua italiana le possieda molto piú della latina, anzi senza confronto; tuttavia in esse (e felicemente) cede alla francese, come tutte le lingue moderne europee, quantunque nessuna di queste ceda in esse qualità alla latina, anzi la vinca di gran lunga, e neppure alla greca.

Come queste qualità giovino alla universalità di una lingua, è manifesto già per se stesso, ma lo sarà anche piú per le seguenti considerazioni. Un effetto naturale di dette qualità è che il linguaggio degli scrittori nulla  (839) o poco differisca dal familiare e comune alla nazione. Cosí accade alla Francia, il contrario in Italia, il contrarissimo nel latino. Questo effetto cagiona che, quella stessa lingua che si parla trovandosi scritta: 1°, se ne dimezzi per cosí dire la difficoltà: 2°, le persone volgari o la conversazione qualunque alta o bassa dei parlatori di quella lingua sia tanto buona maestra e propagatrice di essa presso gli stranieri fuori o dentro il paese, come lo possano essere gli scrittori; 3°, e per lo contrario gli scrittori lo siano tanto, quanto i negozianti, i viaggiatori, e chiunque parla quella lingua cogli stranieri, sí nel suo proprio paese come fuori; 4°, quindi e i parlatori e gli scrittori propaghino tutti unitamente una sola e stessa lingua ovvero linguaggio; o vogliamo dire due lin-