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pensieri |
(791-792-793) |
ventar di pianta nuove radici nella nostra lingua è impossibile all’individuo, e difficilissimamente e rarissimamente accade nella nazione, come si può facilmente osservare; (792) e questo in tutte le lingue, perché ogni nuova parola deve aver qualche immediata e precisa ragione per venire in uso e per esser tale e non altra e per esser subito e generalmente e facilmente intesa e applicata a quel tale oggetto, e ricevuta in quella tal significazione; il che non può avvenire mediante il capriccio di un’invenzione arbitraria. Di piú, c’é forse lingua che ne’ suoi principii e di mano in mano non sia stata composta di voci straniere e d’altre lingue? Quante ne ha la lingua nostra prese dal francese, dallo spagnolo, dalle lingue settentrionali, e tuttavia riconosciute, e necessariamente, e legittimamente divenute da gran tempo italiane? Come in fatti si formerebbe una lingua senza ciò? colla sola invenzione a capriccio, o mediante un trattato, un accordo fatto espressamente, e individuo per individuo, da tutta la nazione? Perché dunque quello ch’era lecito, anzi necessario ne’ principii e dopo, non sarà lecito ora nel caso della stessa necessità relativamente a questa o quella parola? Cosí fa tuttogiorno la lingua francese, cosí (793) hanno fatto e fanno necessariamente e per natura tutte le lingue antiche e moderne. E sebbene la lingua greca fosse cosí schiva d’ogni foresteria, anche per carattere nazionale, come si è veduto dall’aver essa mantenuta la sua purità forse piú lungo tempo di tutte le altre e anche in mezzo alla corruzione totale della sua letteratura ec. e alla schiavitú straniera della nazione, al commercio, ai viaggi antichi e moderni, alla dimora di tanti suoi nazionali in Roma ec. ec (come Plutarco) nondimeno la lingua attica, riconosciuta piú universalmente di qualunque altra dagli scrittori per lingua propriamente greca, e fra le greche elegantissima, bellissima e purissima, attesta Senofonte, nel