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126 | pensieri | (674-675-676) |
egli poteva godere a spese loro. Costumi che nello stato di società son barbari, perché distruttivi della società e contrari direttamente all’essenza, ragione e scopo suo. Quindi si veda quanto sia vero, che lo stato presente del mondo è propriamente barbarie o vicino alla barbarie quanto mai fosse. Ogni cosí detta società dominata dall’egoismo individuale è barbara, e barbara della maggior barbarie (17 febbraio 1821). (675)
* Alla pag. 668, fine. E questa non è forse una delle minime cagioni di quella verità Quot homines, tot sententiae, detto di Terenzio, (Phormio, Act. II, sc. 4, vers. 14). Quot homines, tot sententiae: suus cuique mos. (Negli adagi del Manuzio questo proverbio è riportato cosí, quot homines, non capita). E similmente Orazio (Sat. l. II, sat. 1. vers. 27-28): Quot capitum vivunt, totidem studiorum Millia. Ed Euripide (in Phoenissis):
Εἰ πᾶσι ταὐτὸ καλὸν ἔφυ σοφόν θ᾽ἅμα,
Οὐκ ἦν ἂν ἀμφίλεκτος ἀνθρώποις ἔρις.
Νῦν δ’ οὔθ᾽ὅμοιον οὐδὲν οὔτ᾽ἴσον βροτοῖς
Πλὴν ὀνομάσαι· τὸ δ᾽ἔργον οὐκ ἔστι τόδε.
Cunctis idem si pulchrum, et egregium foret,
Nulla esset anceps hominibus contentio.
At nunc simile nil, nil idem mortalibus:
Nisi verba forsan inter istos concinunt,
At re tamen, factisque convenit nihil.
* (676) E Cicerone (De Finibus bonorum et malorum, c. V, verso il fine): sed quot homines, tot sententiae: falli igitur possumus. Luogo omesso dal Manuzio.
Riferite le dette sentenze alla opinione comune, che si dia verità assoluta, anche tra gli uomini (17 febbraio 1821).
* Non siamo dunque nati fuorché per sentire, qual felicità sarebbe stata se non fossimo nati? (18 febbraio 1821).