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zione dell’ente. Non poteva dunque se non formare la sua felicità in un’altra vita, dove la natura dell’ente in certo modo si cambiasse. La ragione, massime relativamente all’altra vita, non può essere perfezionata se non dalla rivelazione. Fu dunque necessario che Dio rivelasse all’uomo la sua origine e i suoi destini; quei destini che avrebbe conseguiti rimanendo nello stato naturale, e gli avrebbe conseguiti insieme colla felicità terrena. Laddove il cristianesimo chiama beato chi piange, predica i patimenti, li rende utili e necessari; in una parola suppone essenzialmente l’infelicità di questa vita, per conseguenza  (406) naturale degli addotti principj. Ma da questi segue ancora che la maggior felicità possibile dell’uomo in questa vita, ossia il maggior conforto possibile, e il piú vero ed intero, all’infelicità naturale, è la religione. Perché, riassumendo il discorso, la perfezione primitiva o umana assolutamente, e quindi la felicità naturale e quindi la felicità temporale, è impossibile all’uomo dopo la corruzione. La ragione, autrice di essa corruzione, avendo prevaluto per sempre, il miglior grado dell’uomo corrotto è la perfezione di essa ragione, che forma oggi la sua parte principale. La perfezion della ragione non può condurre se non alla felicità di un’altra vita. Quindi, e anche senza ciò, la perfezion della ragione e della cognizione non può stare senza la rivelazione. Dunque il migliore stato dell’uomo corrotto è la religione, e siccome è il migliore, cioè quello che piú gli conviene, perciò, sebben suppone l’infelicità di questa vita, contiene però il maggior conforto e quindi la maggior felicità e quindi la maggior perfezione possibile dell’uomo in questa vita. Ecco come la religione si accorda mirabilmente col mio sistema e quasi ne riceve una nuova prova.  (407)

7°. La perfezion della ragione consiste in conoscere la sua propria insufficienza a felicitarci, anzi