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410 | pensieri | (351-352) |
sistema fondato sul brillante e sul fantastico, ma, come Aristotele, alla ragione, per discorrere delle cose sul fondamento del vero e dell’esperienza. Nel qual caso l’estensione e varietà del sapere influisce necessariamente sulla profondità dell’intelletto e il disinganno del cuore.
* Insomma conviene che il filosofo si ponga bene in mente, che la vita per se stessa non importa nulla, ma il passarla bene e felicemente o, se non altro, anzi soprattutto, il non passarla male e infelicemente. E perciò non riponga l’utilità in quelle cose che semplicemente aiutano, conservano ec. la vita, considerata quasi fosse un bene per se stessa, ma in quelle che la rendono (352) un bene, cioè felice da vero. Ma felice da vero non la rende altro che il falso, ed ogni felicità fondata sul vero è falsissima, o, vogliamo dire, ogni felicità si trova falsa e vana, quando l’oggetto suo giunge ad esser conosciuto nella sua realtà e verità.
* Ho veduto le lezioni di un tedesco, il sig. Hufeland, dell’arte di prolungare la vita, lezioni dettate da lui per una cattedra ch’egli occupava, dedicata espressamente a quest’arte. Prima bisognava insegnare a render la vita felice, e quindi a prolungarla. Infelicissima com’é, stimerei molto piú chi m’insegnasse ad abbreviarla, perché non ho mai saputo che sia degno di lode e giovi al pubblico colui che insegna a prolungare l’infelicità. Invece di fondare queste cattedre che sono al tutto straniere, anzi contrarie alla natura dei tempi, i principi dovrebbero proccurare che la vita dell’uomo fosse piú felice, ed allora saremmo grati a chi c’insegnasse a prolungarla. Se la durata fosse un bene per se stessa, allora sarebbe ragionevole il desiderio di viver lungamente in qualunque caso.